international film festival
  
Riparo

Riparo

Riparo

 

regia: Marco Simon Puccioni; sceneggiatura: Marco S. Puccioni e Monica Rametta in collaborazione con Heidrun Schleef; fotografia: Tarek Ben Abdallah; montaggio: Roberto Missiroli; scenografia: Emita Frigato; musica: Cristiano Fracaro e Dario Arcidiacono; interpreti: Antonia Liskova (Mara), Maria de Medeiros (Anna) Mounir Ouadi (Anis), Vitaliano Trevisan (Salvio), Gisella Burinato (Laura); produzione: Mario Mazzarotto e Van Der Staay e Frederic Podetti per Interfilm (Roma) e Adesif (Parigi)/Rai Cinema; distribuzione: Movimento Film; durata: 100’; origine: Italia/Francia, 2008.
 
 
Anna e Mara, fidanzate e conviventi, al vritorno da una vacanza in Tunisia, scoprono che un giovane immigrato clandestino, Anais, si è infilato nella loro automobile e ne ha approfittato per superare la frontiera. Dal rapporto col ragazzo, che come corpo estraneo si inserisce nella loro relazione, emergono difficoltà ed incomprensioni della coppia e l’impossibilità di gestire la vita a tre: Anna deve sopportare la fredda disapprovazione della madre, Mara il disprezzo del padre morente e Anis tenta di adattarsi alla sua nuova vita mentre prova a capire come sia possibile che due donne senza marito dormano nello stesso letto. Un evento tragico e luttuoso rompe l’equilibrio interno e sociale della “famiglia”. Nessun riparo può essere tale per sempre. Sembra questo il messaggio che i protagonisti del film arrivano a comprendere. Non è un riparo eterno il rapporto tra le due ragazze, non è un riparo il lavoro per il ragazzo, non è un riparo la quiete della vita di coppia e non lo sarà a lungo neppure quel campo di grano turco del finale. Puccioni alterna con buona capacità diversi registri narrativi nel film e perfino diversi linguaggio cinematografici per descrivere la vita delle protagoniste: si passa velocemente dal road movie con macchina a mano ad un accenno di cinema psicanalitico per descrivere il rapporto tra le ragazze. Non si parla di una coppia omosessuale, soprattutto si parla di una coppia di diversa estrazione sociale, è la classe quello che contrappone le ragazze in società, non l’amore lesbico. E Mara lo capisce bene, lo capisce forse tardi, forse il soggetto vira troppo verso il melò con la morte del padre, con funerale pagato da Anna. Ma è la forza di questa sottotraccia a tenere in piedi il film, a tenere alto il livello di tensione emotiva. Forse per questo una delle scene meno riuscite è la seduzione del ragazzo nella sala da biliardo, forse perché fin troppo esplicita rispetto al resto. Un grande protagonista della pellicola poi è il contesto, l’ambiente circostante. È innegabile che il distretto industriale in cui tutto il film è ambientato influisce sui caratteri, sui rapporti e sulla storia dei singoli protagonisti: ambiente familiare per Anna, ambiente di lavoro per Mara, ambiente ostile che si scopre poco a poco per Anis. L’importanza che il regista dà all’ambiente è ribadita in ogni scena: le figure non sono mai al centro dell’immagine, sono rari i primi piani (per questo quei pochi sono ancora più emozionanti), si tratta sempre di piccole figure all’interno di un ambiente desolato e desolante.
 
 
 
 
Marco Simon Puccioni
Laureato in architettura a Roma e in regia cinematografica a Los Angeles (CalArts), insegna regia all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Ha realizzato diversi corti e documentari che testimoniano un forte interesse  per un cinema legato a tematiche sociali e all’elaborazione di un linguaggio cinematografico personale incentrato su argomenti esistenziali e affettivi. Tra i suoi lavori il documentario Partigiani assieme a Guido Chiesa, Davide Ferrario, Antonio Leotti e Daniele Vicari. Il suo primo lungometraggio Quello che cerchi, uscito in Italia nel 2002 con l’appoggio del Nuovo Sacher di Nanni Moretti, è stato accolto dalla stampa italiana e straniera come uno dei migliori esordi recenti.
 
 
info su ibdb
 

 

 
citazione
Partners
 

Visionaria Associazione culturale, Siena (Italy) — vision@visionaria.eu
P.I.: 00983060526 - C.F.: 92027160529