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Cover boy

Cover boy

Cover boy

 

regia: Carmine Amoroso; sceneggiatura: Carmine Amoroso, Filippo Ascione; fotografia: Paolo Ferrari; montaggio: Luca Manes; scenografia: Biagio Fersini; musica: Marco Falagiani e Okapi; interpreti: Eduard Gabia (Ioan), Luca Lionello (Michele), Chiara Caselli (Laura), Francesco Dominedo (Mimmo), Gabriel Spahiou (Florin), Luciana Littizzetto (padrona di casa); produzione: Augusto Allegra, Giuliana Gamba e Arturo Paglia per Filand Srl/Paco Cinematografica; distribuzione: Istituto Luce; durata: 97’; origine: Italia, 2006.
 
 
Cover-boy (film low-budget girato con un nuovissimo formato digitale HDV) racconta l’amicizia fra Ioan (Eduard Gabia) e Michele (Luca Lionello) l’uno rumeno e l’altro italiano. I due sono accomunità dalla condizione precaria delle proprie vite: uno clandestino fuggito dal proprio paese e con un dolore nel propri passato e l’altro con un lavoro a tre mesi. Le due vite precarie si avvicinano ai margini della società e si separano infine per scoprire il valore reale dell’amicizia in un mondo feroce che sfrutta il lavoro di Michele e l’immagine di Ioan che scambia per amore un sentimento utilitaristico della fotografa di moda. Ma forse è troppo tardi. Senza dubbio instabili i protagonisti del bel film di Carmine Amoroso: instabili nel lavoro, instabili in famiglia, instabili nella società ed infine instabili nei sentimenti e nella necessità di dare sfogo a ciò che portano dentro, che sia rabbia o amore. Sono instabili Ioan e Michele, ma lo sono ancora di più la padrona di casa attrice fallita o la fotografa di guerra che senza rimorsi o pudori si ricicla nella moda e nella spettacolarizzazione a tutti i costi. Il film parla di precariato, i protagonisti cono due giovani impossibilitati a vivere una vita normale a causa di un contratto a tre mesi o di un documento di identità mancante. E nel paese in cui non si può definire vita quella di un giovane trentenne solo perché non ha un lavoro rispettabile c’è bisogno di una rivoluzione, o anche solo di speranza. È interessante il fatto che Ioan, il clandestino in fuga dal suo paese, abbia un passato tremendo alle spalle (la morte del padre durante la rivoluzione per un colpo di cecchino) mentre Michele, l’italiano cresciuto in provincia venuto a Roma per studiare come molti suoi coetanei, non ha un passato, non ci sono rapporti con la famiglia rimasta in Abruzzo. E nello stesso modo è Ioan a progettare il futuro, a proporre una via d’uscita. Il film sembra dire che l’Italia ha tolto dignità a quelli come Michele togliendo loro non solo un lavoro sicuro, ma la possibilità di vivere il futuro, sradicandoli dal proprio passato, dividendoli dalle famiglie, allontandoli ai margini
della società. Resta nell’ombra il rapporto tra i due ragazzi teso tra amicizia e amore ma è questa tensione che fa bene al film, che connota perfettamente l’angoscia di Michele, un bravissimo Luca Lionello, un angoscia che si traduce in tragedia in finale fuori scena, quando la cinepresa attua un ultimo pudore: non ha avuto remore a mostrare il dolore di una vita precaria, di una generazione confusa che accomuna un extracomunitario rumeno ad un precario di Lanciano (perché come dice Michele “quando non hai il culo parato sei straniero in patria”), perché è una condizione sociale comune a molti, ma come uscire da questa angoscia è una scelta personale, un atto intimo che per tutto il film è rimasto nascosto. “Cover Boy” è un film a basso budget girato con tecnologia digitale con telecamere Hdv che hanno abbattuto i costi di produzione, permettendo un incipit da kolossal, una ricostruzione vibrante e reale a colori vividi della rivoluzione rumena del 1989. Ad un inizio del genere fa da contraltare un finale opposto, semplice, intimo, straziante nel nulla di una chiatta sul Danubio, dove un movimento di macchina (uno dei più belli degli ultimi anni) va ad escludere l’immagine di Michele dall’orizzonte di Ioan, ritornato a casa deluso dalla mercificazione che la società dello spettacolo gli ha proposto.
 
 
Carmine Amoroso
Nato in Abruzzo nel 1963. Agli inizi degli anni ’80 si è trasferito a Roma dove si è laureato in Lettere. Ha scritto e diretto varie inchieste giornalistiche. E’ autore della sceneggiatura Parenti Serpenti regia di Mario Monicelli, film acclamato da pubblico e critica, e dell’omonima pièce teatrale ( da otto anni in scena ininterrottamente in Italia e in Spagna ). Nel 1996 ha scritto e diretto Come mi vuoi.
 
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