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Ulassai

Ulassai

Ulassai
"Da Ulassa a Ulassai e ritorno"
un racconto di Carlo A. Borghi
con la partecipazione straordinaria di V. Angius, G Casalis

 

Da Ulassa a Ulassai e ritorno
Un racconto di Carlo A. Borghi

Ulassai, nell’Ogliastra, è un luogo dove la fantasia è di casa. Abita nell’aria che si respira e nell’acqua che si beve, così ospiti e abitanti di Ulassai non si stupiscono mai di niente, neanche di sentir parlare un gruppo di palme di passaggio da quelle parti.

Ulassa, villaggio della Sardegna nella Provincia di Lanusei, compreso nel mandamento di Jerzu, sotto la giurisdizione del tribunale di prima cognizione del suddetto capoluogo, e nel dipartimento della Barbagia orientale, detto poi Giudicato dell’Ogliastra, pertinenza dell’antico regno di Plumino, o Cagliari… Giace alla falda orientale della lunga catena di Tisillo, dove in pari modo sono situati Jerzu ed Osini.

Le palme non sono soltanto alberi, sono anche signore artiste, paesaggiste, femministe. Qualcuna, giù al mare di Tortolì, ha lasciato prima del tempo questo mondo, fulminata dal punteruolo rosso, il temibile Rhynchophorus Ferrugineus che le impesta e le uccide. Ulassai d’Ogliastra, alta e sospesa, somiglia alla Maiastra di Constantin Brancusi. Costantino detto Antine come Nivola, anche lui di casa qui.

 

Nella montagna si trovano cinghiali e cervi, e si incontrano anche de’ mufioni; ma non sono in molto numero, onde alcuni cacciatori ritornano senza preda. I grandi vegetabili sono per lo più della specie de’lecci, e la selva è piuttosto popolata, minori essendo stati i guasti che ha patito finora. Domina la roccia calcarea, ed è a notarsi la spelonca naturale detta Sa Grutta de su marmuri, dove si possono osservare molte di quelle concentrazioni, che dicono stelattiti e stelagmiti.

 

“Stazione di Ulassai” annunciava stentoreo il capostazione. Stazione dell’Arte. Capolinea. Capotreno. Fischio lungo. Il treno si è nascosto nella grotta di Su Marmuri. Fine corsa per quelle belle carrozze degli anni Cinquanta. Ulàssai, altitudine 775 metri sul livello del mare. A Cardedu, giù al mare, c’è Maria palma Lai tra aranci, carrubi, melograni, cerdri sultanini, baobab, alberi del pane e fontane di Nivola. La sua personale ansia d’infinito rigenera la terra e ricuce le crepe. Maria Lai è stata inventata da un dio distratto perché lui non poteva essere ovunque e pensare a ogni cosa.

 

Eco di Marosini. In via ad Osini e in distanza di poco più di un chilometro da Ulassa vedesi in mezzo la strada da una pietra triangolare, il cui menomo lato è circa metri 0,75, nella quale trovasi il foco di un eco, che fa meraviglia a’paseggeri. I paesani spiegano il nome che ha favoleggiato, che una certa Maria di Osini, ascesa sopra la roccia, la quale ha una profonda cavità e resta di contro al punto indicato ad un tiro di archibuso, essendole caduto il fusto nel suo spiraglio mentre sforzavasi a ripigliarlo vi sia precipitata, e che dal suo spirito sieno ripetute le parole, che proferiscono le persone collocate sopra l’indicata pietra.

 

Ecco una palma in stazione: viene da Tortolì, da Su logu de s’iscultura, il giardino delle sculture. Eccone altre due: una è Paloma, l’altra è Palmira, vengono da Cagliari, dal cortile dell’ex Manifattura Tabacchi e fumano sempre anche dov’è vietato. Sono palme operaie,  vecchie sigaraie in pensione, ma questo non impedisce che salgano sui tetti di fabbriche, di palazzi universitari, di stazioni ferroviarie.  Ecco un’intera comitiva di palme-amiche. Vengono dalla spa di un resort di Arbatax, però a sanarle  dal punteruolo rosso non bastano la thalassoterapia e i massaggi. Ed eccole tutte insieme a far festa di coccoi prenas e culurgiones.

La quantità ordinaria della seminagione annuale si computa di starelli 800 di grano, 400 d’orzo, 100 di fave… Si semina in alcune parti del lino, tanto che si abbia quello che domandasi dal bisogno delle rispettive famiglie… La vendemmia dà circa 200 carratelli. Il superfulo della consumazione si trasporta in Tortolì per venderlo ai genovesi e ad altri che frequentano quel porto… Il vino è stimato per la sua bontà come quello di Jerzu e di altri paesi dell’Ogliastra. L’arboricoltura è assai estesa, e si possono calcolare più di 15 mila ceppi nelle diverse specie coltivate nell’isola. Le più comuni sono ciriegi, peri, noci, castagni, mandorli, olivi.

Le palme volano. L’ha dimostrato Mario Schifano. Volano insieme ad asini, ippogrifi e aquiloni. Le palme si mettono in ghingheri quando c’è l’occasione. Le palme usano i tacchi alti e vanno sui tacchi di Ulàssai. Sono le uniche che riescono a farlo, disinvolte danzando e cantando e tutti le possono invitare a ballare. Brindano alla salute di tutti e in memoria di ogni palma morta o moribonda e sono già tante. Muoiono le palme dentro i cimiteri, nelle aiuole d’ospedale, nei lungomare, nei giardini degli ex manicomi. Via Crucis per Palme, stazione dopo stazione. Ultima fermata arte.

 

Il bestiame di servigio consiste in circa 350 buoi per l’aratro e il carreggio, cavalli e cavalle per basto ed alcuni per sella, giumenti 120. Il bestiame rude ha nelle solite specie i seguenti particolari numeri: vacche 1200, cavalle 150, capre 6000, pecore 4000, porci 1000.

Una storia che finisce male per le palme. Dicono che una palma uscita dal giro dev’essere segata, triturata e incenerita per bene per evitare che il morbo si diffonda anche dai suoi poveri resti. “Non pensiamoci – dice Palma Paloma – siamo qui per far festa”. E’ arrivata dove neanche le caprette riescono a salire. Con lei Palma Palmira così alta che la potrebbero vedere dall’Asinara fino a Pula. Nel giardino della città di Nora, muoiono palme fenicie, puniche, romane, cristiane, bizantine, giudicali, catalane-aragonesi, sabaude, risorgimentali e partigiane. “Bisogna inventarsi qualcosa – dice Palmira – qualcosa che possa lasciare il segno del passaggio di noi palme in questo paesaggio”. Ridiscendono verso il paese tenendosi per mano, destinazione Stazione dell’Arte. Palmira ha l’idea: rappresentare l’abbraccio tra una palma sana e robusta e una debilitata dal punteruolo rosso, una florida e procace l’altra esangue e cascante. Eccole in vista delle Stazione dell’Arte. Si fermano per via e si baciano a lungo. Gli Ulasessi applaudono. Un bacio così appassionato non l’avevano mai visto, tra due palme. Tutti si baciano con trasporto come mai avevano mai fatto prima. Ma questo nell’Angius-Casalis non c’è scritto da nessuna parte.

Nota: i brani in corsivo sono tratti da: Dizionario Geografico-Storico-Statistico-Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, di Vittorio Angius e Goffedro Casalis, Torino, 1833-1856.

 

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