L’universalità della rete, la velocità di connessione e di trasmissione, le nuove frontiere del digitale hanno trasformato il nostro beato mondo del cortometraggio e, più i generale la percezione stessa dell’immagine, proprio come negli anni ’70 lo sviluppo dei sistemi video analogici rivoluzionarono il quieto vivere della pellicola, incontrastata signora dell’immaginario cinematografico per tanti decenni. Basti dire, ad esempio, che solo pochi anni fa, nel 2002, la maggioranza dei film iscritti al nostro concorso erano in VHS e che abbiamo dovuto attendere il 2006 per vederli totalmente sostituiti nei nuovi supporti digitali DVD e Mini DV. Di pari passo, la potenza dei pc, le memorie che si misurano in terabyte, la semplicità dei sistemi di montaggio, assieme alla riduzione dei costi, hanno reso alla portata di tutti, perlomeno nel mondo occidentale, la possibilità concreta di gestire immagini in movimento. Anche i linguaggi mediatici si sono trasformati ed è sempre più difficile, per non dire impossibile, standardizzare la nuova comunicazione visiva o esprimerla coi vecchi canoni del cinema tradizionale. Questa immensa rivoluzione che stiamo vivendo e di cui – chi scrive, certamente – non siamo neppure in grado di immaginarne tutte le implicazioni e gli scenari futuri sta mettendo a dura prova perfino l’esistenza stessa dei festival, il loro reale rilievo in un mondo che si offre alla rapidità di un click. Le web tv, le tv crossmediali stanno mandando in pensione la vecchia e ormai noiosissima televisione generalista e di cui si può solo essere spettatori passivi, in virtù della capacità di “dialogare” con esse, perfino di farne parte con i propri brevi video (pod) come dimostra, ad esempio, Current, il canale di Al Gore presente con i suoi programmi in America e Gran Bretagna e da poco sbarcato anche in Italia.E che un crescente pubblico giovanile sembra preferire, se diamo ascolto alle ricerche della Nielsen tra i 16-25enni. Canali come Current che affiancano il satellite alla web tv sono ormai molte anche da noi ed anzi sempre più si caratterizzano per lo spazio offerto ai prodotti cosiddetti Ugc, cioè prodotti dagli utenti. Un po’ tutti questi nuovi media, in realtà, investono nei giovani, nei nuovi talenti, come fa per citare un altro esempio la tv crossmediale Qoob che ha finanziato i lavori di alcuni giovani registi che poi sono andati a vincere premi prestigiosi al Sundance o a Clermont Ferrand.
I cortometraggi – ma ha ancora un senso chiamarli così? – li possiamo vedere tranquillamente nel pc, nel telefonino, sul satellite comodamente e dappertutto. Tra i festival forse sopravvivranno solo i dinosauri. Ma speriamo che sopravvivano anche quelli, come noi, che stanno cercando di analizzare ciò che viviamo e che vogliono aprirsi alle novità, interrogandosi su chi siamo e dove andiamo. E perché.
Mauro Tozzi
Direttore artistico Visionaria