All’interno di una complessa evoluzione nel campo cinematografico, il cinema indipendente in Italia sta mostrando una vitalità proprio nel solco nel documentario di creazione, del lungometraggio non di fiction. I motivi sono molti e senza dubbio l’uso del
digitale che ha reso la produzione non soltanto più economica ma anche più “leggera” è uno dei motori principali di questa nuova vitalità, ma non soltanto. Si sono aperti canali distributivi a livelli europeo che un tempo erano insperati, le coproduzioni ed il programma Media sono riusciti a mettere nuova linfa nella cinematografia trovando nuovi autori, documentaristi e soprattutto tematiche e luoghi che, se nel documentario ricorrono, sono completamente dimenticati dalla cinematografia di fiction e naturalmente dai grandi canali distributivi. Fino a pochi anni fa il documentario era confinato prevalentemente all’interno della gabbia della produzione istituzionale che conferiva al prodotto una funzione prevalentemente didattica e paternalistica. Non a caso le espressioni più alte sono proprio quelle liberate da tali vincoli e scaturite dallo sguardo sulle realtà sub-subalterne o subculturali, come ad esempio i lavori di De Seta e Silvano Agosti. Oggi il digitale determina una nuova prospettiva, rappresentando una rivoluzione ancor maggiore che per la fiction: consente di implementare quell’approccio più diretto all’oggetto che sta poi alla base dell’idea stessa di cinema documentaristico. Per tutti questi motivi abbiamo deciso di dedicare un intero festival al mondo del documentario, un modo per fermare il nostro sguardo laddove lo hanno voluto focalizzare i giovani documentaristi del bacino mediterraneo, scoprendo ancora una volta la volontà di mettere in luce subculture, culture lontane ed esempi di convivenza. Non è casuale che abbiamo fatto questa scelta dopo la scomparsa, lo scorso giugno, di Corso Salani, autore anomalo, un regista del vero più che un classico documentarista. Ed è seguendo il suo tracciato, anche geografico, che siamo arrivati a selezionare i film di questa prima edizione dell’Ulassai Film Festival. Se i confini e gli sconfinamenti sono i principali protagonisti dei nostri documentari, le cerniere culturali ricorrono come temi insieme a uno sguardo lucido ed a tratti impietoso rivolto alla trasformazione del nostro mare. Si parla di frontiere e confini in Magna Istria, in This is my land...Hebron e ne Il futuro del mondo passa qui. Si guarda al futuro del nostro mare inteso come principale veicolo di comunicazione tra i popoli in Oil e ne La baia dei lupi. Sono poi le cerniere culturali ad essere protagonisti in Almost married ed in Heart quake, ma anche ne La Repubblica delle trombe film che ci introduce un’altra tematica ricorrente nella nostra selezione: la musica, il collante tra culture diverse e l’espressione di una tradizione che si rinnova, come ne Il canto scaltro. Come si vede gli autori tra di loro comunicano, condividono percorsi formativi ed idee, un festival come il nostro deve servire a farli comunicare anche con il pubblico. Il discrimine in fondo al cinema è sempre lo stesso da quando è nato: essere visti o non visti.
di Giuseppe Gori Savellini
- dedicato a Corso Salani